E’ notizia di questi giorni che la disoccupazione in Italia nel primo trimestre 2014 ha raggiunto i livelli record del 13.6%, dati Istat.
Proprio nell’ottica di rilanciare l’occupazione attraverso la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese si inserisce il nuovo Decreto Lavoro 2014 (D.L. 34/2014), fortemente voluto dal Governo Renzi.
Diverse le novità riguardanti principalmente i contratti di lavoro a tempo determinato, l’apprendistato, il lavoro negli stati dell’Unione Europea, semplificazioni per il DURC e contratti solidarietà.
Emerge, dall’analisi delle novità introdotte, l’intento di favorire quanto più possibile il ricorso all’uso dei contratti a tempo determinato e apprendistato da parte delle aziende, avendone eliminato le possibili criticità e i rischi di contenzioso per le aziende.
Pur ritenendo apprezzabile lo sforzo, l’attuale situazione occupazionale in Italia richiederebbe riforme ben più radicali sostenute da un intervento economico dello Stato, per rilanciare l’economia e quindi l’occupazione. Un intervento sulla normativa andava fatto, ma probabilmente inserito in un grande programma economico di rilancio.
Andiamo, comunque, per ordine analizzando punto per punto le principali novità introdotte in relazione ai contratti a termine:
Niente più causale.
Uno degli elementi finora necessari per la stipula del contratto a termine era la causale per i contratti oltre i 12 mesi, con l’indicazione delle esigenze tecniche, organizzative e produttive che impongono al datore di lavoro la scadenza del contratto. Per i contratti stipulati dal 21.03.2014 viene meno l’obbligo di specificarla fino 36 mesi. L’acausalità, sempre nel linite massimo di 36 mesi, è prevista anche per la somministrazione a tempo determinato.
Contratto a tempo determinato fino a 3 anni.
La durata massima del contatto acausale – comprensivo di rinnovi e proroghe – non può superare i 36 mesi di durata, in riferimento alla stessa mansione. Ciò significa che la somma complessiva dei rapporti a termine instaurati tra datore e lavoratore, per le stesse mansioni, non può superare i 36 mesi. Nel computo devono essere considerate anche proroghe e rinnovi. La sanzione per il superamento del limite è la conversione del contratto in tempo indeterminato, senza sanzione amministrativa.
E’ consentito comunque alle parti di stipulare un successivo contratto a termine a condizione che la stipula avvenga presso la DTL competente con l’assistenza di un rappresentante delle OO.SS. Il limite di 36 mesi si applica solo ai contratti a termine, ma non si estende alla somministrazione lavoro.
Proroghe fino a 5 in 36 mesi.
Il numero massimo di proroghe ammesse per il contratto a termine è di 5 (sempre rispettando il tetto di 36 mesi) e costituisce un tetto complessivo che si applica a tutti i contratti stipulati nell’arco dei 3 anni, alle stesse mansioni. Il limite di proroghe è indipendente dal numero dei rinnovi. Il Decreto non modifica la disciplina della “proroga di fatto” e il contratto alla sua scadenza può continuare ad aver esecuzione in via di fatto per un tempo massimo di 30 giorni, applicando in questo caso solo una maggiorazione retributiva in favore del lavoratore.
Contratti a termine fino al 20% dell’organico complessivo.
Altra novità riguarda il tetto massimo previsto per l’utilizzo dei contratti a termine in un’azienda. Questo tetto non può superare il 20% dell’organico complessivo, inteso come la somma dei lavoratori assunti a tempo indeterminato in forza dal 1 gennaio dell’anno di riferimento, indipendentemente dalle unità produttive di quell’azienda. Nel computo rientrano tutti i dipendenti con contratto di lavoro indeterminato (anche part-time). Sono esclusi dal computo i contratti: stagionali; per avvio di nuove attività; siglati con lavoratori over 55 anni; di somministrazione di lavoro.
I datori di lavoro devono adeguarsi ai nuovi limiti entro il 31 dicembre 2014, altrimenti non potranno stipulare nuovi contratti fino a quando non si rientra nel limite e si applicheranno le sanzioni economiche i cui introiti andranno a finanziare il fondo per l’occupazione. Rimane salva la facoltà per la contrattazione collettiva di applicare un regime più favorevole per quanto riguarda tetto massimo e termini di adeguamento.
Sanzioni per i datori di lavoro
Il datore è soggetto a sanzione pari al 20% della retribuzione per ogni mese (o almeno 15 giorni) di durata del rapporto di lavoro, per il primo lavoratore assunto in eccesso dei limiti indicati ( durata di 36 mesi e tetto massimo del 20% dell’organico complessivo). La sanzione aumenta al 50% per i lavoratori assunti successivamente. Viene così cancellato l’obbligo di prevedere la trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato e al suo posto viene introdotta una sanzione pecuniaria amministrativa.
Maternità e diritto di precedenza.
Novità importante per le lavoratrici in relazione al diritto di precedenza per l’assunzione a tempo indeterminato. In tal caso, il periodo di congedo obbligatorio di maternità, intervenuto in un rapporto di lavoro a tempo determinato, concorre a determinare il periodo complessivo di prestazione lavorativa (pari ad almeno 6 mesi) utile a maturare il diritto di precedenza per l’assunzione a tempo nella stessa azienda entro i successivi 12 mesi. Stesso diritto per le nuove assunzioni a tempo determinato.
Obbligo di informazione.
Viene previsto l’obbligo – in capo al datore – di richiamare espressamente nel contratto a tempo determinato il diritto di precedenza in caso di assunzioni a termine.
Avv. Pietro Cotellessa